HISTORYofVIOLENCE

Rappresentazione della violenza nell’immaginario contemporaneo (2008/2015)

Viviamo in una società che ha neutralizzato la morte, rimuovendola dallo spazio dell’esperienza per relegarla nei territori anestetizzati dell’intrattenimento. Secondo Umberto Galimberti, la morte è il pensiero che fonda ogni altro pensiero: ciò che ci costringe a pensare, perché ci sottrae ogni illusione di durata. Eppure, la modernità l’ha trasformata in un’ombra, un fantasma da silenziare. In questo vuoto simbolico si inserisce History of Violence, un progetto che non mostra la morte, ma la sua messa in scena, il suo simulacro.

I corpi fotografati da Claudio Cravero giacciono in stanze comuni, senza identità, senza volto. La scelta di occultare lo sguardo quel punto in cui, secondo Emmanuel Lévinas, la relazione etica prende forma non è casuale: priva la figura della sua individualità, e con essa, del suo diritto a una biografia. Come direbbe Hannah Arendt, “la perdita del mondo” inizia dalla perdita del volto, e con esso della parola, della narrazione, della possibilità di apparire agli altri.

In alcune fotografie compare un coltello, simbolo esplicito della violenza. Ma poi scompare. La rimozione progressiva dell’arma non è solo un gesto estetico: è un’operazione critica. Cravero elimina la causa, la dinamica, l’agente. Resta solo il risultato, come in una dissezione fredda e muta. È qui che il progetto si avvicina a Michel Foucault: non è la violenza in sé a interessare, ma le forme attraverso cui viene codificata, messa in scena, disciplinata. L’immagine non testimonia: istituisce uno spazio di potere, e lo mette in crisi.

Ma History of Violence è anche e soprattutto una denuncia. Una denuncia radicale e poetica contro la violenza sulle donne, che ogni giorno si consuma nei luoghi più consueti, tra le mura domestiche, nel silenzio assordante della normalità.