NUDI

“Mi sento nudo davanti all’obiettivo“ (2014)

C’è un istante in cui il ritratto cessa di essere posa e diventa confessione. Claudio Cravero lo mette in scena con un gesto semplice e implacabile: fotografare lo stesso soggetto due volte, una vestito e l’altra nudo. Ma senza mai dire allo spettatore quale volto appartenga a quale condizione.

L’operazione apre uno spazio ambiguo: lo sguardo di chi osserva è costretto a interrogarsi su che cosa davvero tradisca il corpo se i panni che lo coprono o la pelle che lo espone. È allora il volto, più del corpo stesso, a lasciar trasparire l’imbarazzo, la sicurezza ostentata, il desiderio di resistere o l’abbandono alla resa.

Il dittico diventa così una scena di verità psicologica: due possibilità di sé che coesistono, due maschere che si rivelano proprio nel momento in cui fingono di non esserlo. Non c’è scandalo, ma dissezione: uno sguardo entomologico che osserva le incrinature della vanità umana e i suoi fragili dispositivi di difesa.

Il fotografo, con un click, priva il soggetto di ogni certezza e lo consegna allo spettatore. Ma in questo passaggio avviene lo scarto decisivo: chi guarda, a sua volta, si accorge di essere guardato. Ed è lì che l’esperimento rivela il suo paradosso più radicale: davanti all’immagine, non è più solo il fotografato a sentirsi nudo, ma chiunque lo osservi.